Violenza di genere: formazione per contrastarla

Ad ottobre si terrà una formazione del coordinamento Rete Donna sul tema della violenza di genere.

Questa esigenza nasce dalle rilevazioni delle operatrici e delle volontarie e volontari che operano nelle strutture e nei servizi degli enti che costituiscono Rete Donna, che sempre più spesso si trovano a incontrare e supportare donne vittime di violenza o stalking. La formazione ha l’obiettivo di fare il punto sugli strumenti normativi che possono essere utilizzati a difesa delle donne che subiscono violenza e dei loro figli e di come supportarle lungo tutto il percorso possibile di uscita dalla violenza e di emancipazione.

Il fenomeno è allarmante anche nella nostra città, come ha documentato il 13 agosto scorso L’Arena, con un articolo a cura di Nicolò Vincenzi che ha intervistato la presidente di Telefono Rosa Emilia Greco, come vediamo di seguito (grassetto nostro).

“Parlano i numeri, ma dietro alle cifre ci sono storie di sofferenza. Di paura, di timore di perdere i figli. Fino all’epilogo peggiore. I casi di violenza contro le donne, anche a Verona, salgono. E non è solo questione di percezione. Ci sono due casi in cui agli uomini che hanno agito violenza sono stati messi i braccialetti elettronici ad uno come misura cautelare, per un altro c’è la sorveglianza speciale. Al Telefono Rosa, associazione veronese nata nel 1990, le richieste e i fascicoli interni crescono. Erano stati poco più di un centinaio l’anno scorso mentre ad inizio agosto sono – purtroppo – già una novantina. Segno, come spiega l’avvocata e presidente dell’associazione Emilia Greco, che c’è una maggior libertà nel chiedere aiuto ma anche, anzi soprattutto, che serve un cambio culturale perché la nostra società è «ancora schiava di un sistema patriarcale».

Tra i comportamenti, e quindi reati, in aumento quelli legati allo stalking. «L’aspetto da segnalare qui», prosegue la presidente, «è che chi li compie, lo stalker, a volte nemmeno se ne rende conto. Ed è grave. Per questo serve sempre di più un’educazione per prevenire alcuni comportamenti. Oltre, ovviamente a tutto l’aspetto della repressione che resta fondamentale».

Presidente Greco, anche qui a Verona, sono in aumento. In sette mesi nella nostra città ci sono stati 219 casi di violenza sulle donne. Il Telefono Rosa riesce ad intercettare situazioni complicate ma negli anni com’è cambiata la percezione del fenomeno?

È cambiata la sensibilità, sicuramente. Ma c’è ancora tanto da fare. Bisogna partire dall’educazione in generale, da quella di coppia e imparare la libertà dell’altro. [..]

Le violenze, da quella fisica a quella psicologica o economica, riguardano solo situazioni di degrado oppure no?

La violenza colpisce ovunque. A qualsiasi livello. Non è relegata a situazioni famigliari difficili. Tocca anche liberi professionisti, avvocati…

Sono cambiate le forme di violenza in questi anni?

Abbiamo imparato a riconoscerle. Trent’anni fa episodi di violenza in famiglia venivano relegate a problemi da risolvere in casa. Ma non è così. All’inizio si dava attenzione alle forme di violenza che lasciavano segni fisici. Negli ultimi cinque, sei anni qualcosa è cambiato. Penso alla violenza psicologica. Ci sono donne che non sono nemmeno libere di sentire la madre al telefono. C’è oppressione e anche questa, ovviamente, è una forma di violenza. Poi esiste quella economica e coinvolge anche chi ha un reddito proprio.

Cosa manca ancora in questa battaglia?

Le case rifugio. Sono ancora troppo poche in tutto il Veneto. Soprattutto quelle di primo livello, quelle segrete, dove le donne si possono nascondere. Per quanto riguarda la violenza economica esiste il reddito di libertà ma non è sufficiente. La legge dà una mano, a partire dal 2013 sono stati fatti passi avanti. A volte però le misure cautelari, come il divieto di avvicinamento, non bastano. Aiutano in questo senso i braccialetti elettronici, ma si deve arrivare alla fine del procedimento per avere una tutela completa. Mancano ancora dei tasselli, purtroppo. Le richieste d’aiuto sono in aumento, ma ci sono ancora delle resistenze.

Come mai?

La paura più grande è la ritorsione fisica, violenta. Molte donne hanno paura di perdere i figli se vengono scoperte da mariti o compagni. [..]”